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Il lato oscuro di Matter: potrebbe non risolvere tutti i problemi, semmai crearne di più gravi?

Il lato oscuro di Matter: potrebbe non risolvere tutti i problemi, semmai crearne di più gravi?

Matter - problemi definizioni

SAREBBE CLAMOROSO SE UNA TEORETICA “BENEDIZIONE” TECNOLOGICA DOVESSE DIVENTARE UN LIMITE

L’avvento – concreto – di Matter nel 2023 ha portato con sé discreto rumore e trambusto sia tra gli entusiasti, gli appassionati o i semplici curiosi del mondo della domotica personale e del fai da te così come tra i produttori di componenti hardware destinati a questo mercato.

Il (sovra)standard delle meraviglie che promette di abbattere le barriere dell’interoperabilità – sin qui mancata – tra i vari ecosistemi: banalizzando, poter dire finalmente “basta” alla lampadina di un produttore che non comunica con quella dell’altra, con il sensore che non posso usare con altri e così via per altri molti, troppi casi.

Effettivamente, noi stessi, inizialmente scettici sulla necessità e l’effettiva bontà del progetto abbiamo col tempo dovuto (parzialmente) ricrederci: nelle intenzioni così come nel concreto, iniziale definizione dello standard in sé, abbiamo trovato un’utilità concreta in Matter e nella sua adozione.

Idee chiare

Per molti Matter risulta ancora complicato da capire. Cosa comprensibile: se certe cose si capiscono meglio usandole, Matter non fa di certo eccezione. Ferma restando la nostra scheda esplicativa sul tema, in buona sostanza si può riassumere dicendo che un componente compatibile Matter (basato su Wi-Fi o Thread che sia) è dotato di un codice numerico che consente a sistemi diversi da quello per cui è espressamente concepito di commissionarlo (leggi “di integrarlo”) e quindi controllarlo indipendemente dall’ecosistema originale al quale appartiene. Il tutto, in piena contemporaneità (un componente Matter piò infatti essere commissionato contemporaneamente su più ecosistemi oltre “il proprio”).

Questa rappresenta una forte semplificazione (anche gestionale) per i produttori di soluzioni DIY: per essi è ora sufficiente integrare Matter all’interno dei propri ecosistemi per renderli, anche retroattivamente nel caso di componenti Wi-Fi, compatibili con tale standard, e quindi “aperti”.

“Definizioni” Matter

Nel il lungo periodo che ha portato l’alleanza Matter a rilasciare tale sovra-standard, uno degli aspetti principali trattati è stato cercamente “cosa e come” integrare via Matter: in sostanza, le “definizioni” relative ai vari componenti e alle loro funzioni. Queste definizioni sono e saranno oggetto di revisione ed espansione: l’ultimo aggiornamento 1.3, infatti, ha portato l’ingresso di nuove tipologie di componenti e alcune revisioni di quelli già esistenti.

Il problema

Sempre che possa essere considerato un reale problema, la necessaria rigidità imposta da Matter attraverso le proprie definizioni si sconta con l’approccio personalizzato sin qui seguito dai produttori.

Ci spieghiamo meglio tramite l’ausilio di un semplice esempio.

Matter logoPrendiamo le apprezzatissime soluzioni per illuminotecnica Nanoleaf. Tutti i panneli luminosi di questo brand presentano, da sempre, un set di API di interfacciamento via Wi-Fi il quale consente di controllare pressoché qualsiasi funzionalità di tali attuatori. Accensione, spegnimento, intensità, gestione colori ma anche e sopratutto gli schemi colore dinamici tipici di tali soluzioni.

Questa disponibilità di API local-push ha concesso liberamente a diverse realtà tra i quali gli HUB personali (per dirne uno, Home Assistant) di sviluppare connettori software ad hoc utili alla piena intregrazione di tali componenti, i quali possono essere così controllati nei modi più creativi (per esempio, in questo modo).

La soluzione Nanoleaf Multicolor Outdoor String Lights, – una catena di LED – non si discosta funzionalmente dai classici pannelli Nanoleaf, ma a loro differenza è un componente esplicitamente Matter-compatibile over-Wi-Fi. Per la prima volta, testandole e recensendole, non abbiamo trovato a disposizione le “classiche” API Nanoleaf ma solo le API Matter.

Questo non ci ha negato l’integrazione per esempio su Home Assistant (che, come noto, supporta Matter) ma ci ha imposto l’integrazione alla Matter-maniera… ovvero come “luce”, certo, ma come una luce viene definita da Matter. L’integrazione “classica” di Nanoleaf, invece, non è – ovviamente – disponibile.

Almeno per ora che scriviamo questo approfondimento, le luci su Matter sono definite in un certo modo: prevedono accensione, spegnimento, regolazione di luminosità e colore uniforme, ma non la gestione di programmi colore o funzionalità analoghe.

Questo significa che il kit sopraticato (Nanoleaf Smart Holiday String Lighs) può essere facilmente integrato dagli ecosistemi che prevedano Matter ma non sia possibile controllarle al 100% da tali ecosistemi e, dato che l’attuale firmware di tale componente prevede solo le API Matter e non più le “classiche” API Nanoleaf, la cosa non è aggirabile continuando a intergrarle come si faceva e si fa coi “vecchi” pannelli non-Matter compatibili.

Gli stessi tipi di problema li abbiamo rilevati sull’ottimo sensore di movimento P2 di Aqara, questo basato su Thead e commissionato tramite Matter over-Thread: esattamente come per le luci, anche i sensori di movimento, presso Matter, sono piuttosto semplici e vincolati, tant’è che come spiegato nella sua recensione il modello gemello ma basato su ZigBee vince a mani basse in termini di personalizzazione e regolazioni specifiche.


Questa situazione è valevole per questo specifico esempio ma anche, da oggi e in futuro, per tutti i componenti Matter-compatibili che smettessero di offrire le classiche modalità di integrazione (local o cloud che siano) in favore del “solo” Matter. Questo problema è tanto più concreto quanto più la complessità specifica del componente aumenta: un “banale” interrutore sarà difficile non riuscire ad integrarlo nella pienezza delle sue (poche) funzionalità, ma cosa succederà per esempio con termostati o altri componenti funzionalmente molto più complessi?

Scenari futuri

I casi sono due – e non mutuamente esclusivi.

O Matter progressivamente amplierà le funzionalità di dettaglio dei componenti previsti tramite le proprie definizioni, oppure gli utenti dovranno poter continuare a usare le “vecchie” modalità di integrazione, specialmente quando usino – sperabilmente – gli HUB personali.

Se Matter perdurerà nella sua “rigidezza” e sopratutto se i produttori smetteranno di offrire, parallelamente a Matter, le loro modalità di integrazione classiche, allora Matter non solo non sarà arrivato a risolverci un problema, me semmai ce ne creerà uno ancora più grande. Il punto è che, come spiegato prima, Matter risolve un grosso problema ai produttori: “stare appresso” alle proprie API, locali o via cloud che siano. Implementare Matter facilita tutto e sgrava i produttori (anche in termini di costo) dalla propria gestione dell’openness.

Speriamo che i produttori per primi ragionino su questi temi e, sopratutto, Matter si renda col tempo più aperto, inlusivo e versatile.

E voi, che ne pensate?👇


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