SCOPI DEL PROGETTO:
CONCETTI AFFRONTATI:
|
COMPONENTI SOFTWARE UTILIZZATE:
DISPOSITIVI FISICI UTILIZZATI:
|
PROGETTO MAGGIORMENTE INDICATO PER: |
|
NOTE E DISCLAIMER
|
|
Revisione progetto: 1.1 |
Abstract
Una delle domande che alcuni si pongono – correttamente – durante la realizzazione della propria domotica personale è “che succede se va via la corrente“? Beh, la risposta è facile: si spegne tutto. Ma è accettabile come risposta? No.
Innanzitutto partiamo dall’assunto che si sia partiti dalle fondamenta implementando quindi un HUB personale di qualche tipo, software, hardware, quel che sia: certamente questo elemento sarà in perenne esecuzione su un qualche dispositivo/computer, il quale va da sé ha necessità di rimanere acceso per garantire la congruenza dei dati e un proprio “stato di buona salute” complessivo.
Se, come capita nella stragrande maggioranza dei casi si è utilizzato un Mini PC/Intel NUC o un Raspberry Pi, va da sé che l’esigenza di garantire una continuità elettrica non sia solo uno scrupolo, ma quasi una necessità: questo straordinario mini-computer ha purtroppo la tendenza di corrompere i dati del proprio “hard disk” (rappresentato da una microSD) in caso di improvvise interruzioni dell’alimentazione, il che causa il più delle volte la perdita delle funzionalità configurate, lasciandoci quindi in panne. In ambito domotico questo non è, ovviamente, accettabile.
Per ovviare a questa casistica esistono varie tecniche: una di queste per esempio è quella di implementare una batteria tampone al proprio Raspberry. Si tratta di una buona soluzione, che provvede a garantire un minimo di continuità quantomeno all’HUB. Lo stesso si può fare, se non assorbono troppo, con Mini PC/Intel NUC.
Quando si verifica un outage energetico, però, a “cadere” non è solo il proprio HUB personale, ma anche l’accesso alla rete locale e a quella Internet: il modem/router si spegne e con lui le funzionalità di connessione. Questo può essere come no un problema: se l’esigenza è per esempio quella di venire almeno allertati a fronte di un down elettrico, se non presenti a casa, è chiaro che la rete locale (e con lei la connessione ad Internet) non possa e non debba cadere.
A volte la corrente non “cade”, ma viene fatta cadere: malintenzionati utilizzano l’accesso sin troppo facile ai contatori elettrici generali per levare corrente agli appartamenti, al fine di verificare se scattino o meno eventuali allarmi. In caso si siano implementati dei sensori di apertura varchi, di presenza/movimento e quant’altro, la garanzia che sia il modem/router che la domotica siano operativi garantisce che eventuali notifiche di effrazione vengano consegnate; inoltre, alimentando anche una IP Cam via micro-gruppo, sarebbe garantita la possibilità di guardare in casa in caso di effrazione o comunque di down elettrico.
Questo progetto illustra brevemente come implementare un mini-UPS espressamente concepito per questo tipo di utilizzi.
ATTENZIONE: in alternativa a questo progetto, che descrive l’uso di miniUPS, consigliamo anche la lettura di questa altra scheda dedicata agli UPS di scala maggiore, con spiegazioni di dettaglio su come sceglierne eventualmente uno al posto di un miniUPS. |
Analisi
Ipotizziamo quindi di possedere un HUB personale, un modem/router e un IP Cam di sorveglianza. Per rendere più generico e attuabile possibile il progetto, consideriamo delle casistiche di uso reale, il più possibile di ampio respiro.
HUB PERSONALE
Possiamo ipotizzare che l’HUB personale sia in esecuzione su Mini PC, su Raspberry Pi o un HUB hardware (tipo Homey, o altri); pertanto, ipotizziamo che l’alimentazione sia quella a 5 volt garantita via cavo USB. Ovviamente non è importante solo la tensione, ma anche la corrente necessaria, espressa in Ampere: un Raspberry Pi 3B/3B+ si alimenta a sufficienza con 2 Ampere. In caso di un Raspberry Pi 4B, la corrente necessaria è di 3 Ampere.
Modem/router
Nella maggior parte dei casi i modem/router utilizzano un trasformatore che converte la tensione di rete (220-240 volt alternata) in tensione continua a 9 o 12 volt, la quale è veicolata all’unità tramite un cavo che termina con un connettore coassiale (“a barilotto”).
Solitamente il polo positivo è contenuto all’interno del barilotto, il negativo all’esterno; tale polarità è comunque espressa nell’indicazione presente sul trasformatore:
la quale per l’appunto indica la polarità del connettore.
Anche in questo caso, importante non è solo la tensione necessaria ma anche la corrente richiesta dall’unità, espressa in Ampere.
IP Cam
Anche le IP Cam sono solitamente alimentate tramite trasformatore e connettore a barilotto, ma la tensione per lo più in questi casi è di 5 volt; altre, di solito le più evolute, supportano il PoE (“Power over Ethernet”), ovvero la possibilità di essere alimentate tramite connettore ethernet solitamente con una tensione di 12 o 24 volt (48, in alcuni casi). Alcune, invece, utilizzano, come Raspberry, una porta Micro USB.
Primariamente, quindi, è necessario effettuare un proprio assessment per capire quale alimentazione prevedano i componenti a cui garantire continuità in termini di:
- tensione richiesta, in vote;
- corrente richiesta, in Ampere;
- tipo di connettore.
Assunti
Per il seguente progetto assumeremo di dover gestire una situazione abbastanza standard, ovvero:
- un HUB personale alimentato via USB 5 volt, con assorbimento massimo 2 ampere;
- un modem/router alimentato via connettore a barilotto con una tensione di 9 o 12 volt, con un assorbimento di 2 Ampere;
- una IP Cam alimentata via PoE a 12 volt e 0,5 Ampere di assorbimento di corrente.
Ovviamente il progetto è un esempio didattico: ognuno ovviamente ha una propria realtà operativa.
Scelta del mini-UPS
Una premessa: questo progetto non è la soluzione, ma una delle possibili soluzioni. Di modelli UPS, anche di grandi dimensioni e potenze, ce ne sono tantissimi; quello preso in esame è una buona alternativa, ma ovviamente la scelta è personale. Si tratta di un modello in grado di garantire un’autonomia limitata, di ore, le quali però possono essere sufficienti a farci rendere conto della situazione in corso, se siamo assenti. Se la necessità è quella di un sostegno elettrico per decine di ore, la necessità è quella di un UPS vero e proprio.
ATTENZIONE: il modello scelto non è adatto per unità che necessitino di più di 2 Ampere di corrente per essere alimentati (per esempio il Raspberry Pi 4B, che necessita di 3 Ampere – ameno, quando lo si usa a piena potenza). |
Per questo progetto abbiamo scelto, tra i tanti, uno specifico modello di mini-gruppo UPS che abbia dalla sua la versatilità, il costo contenuto e le ridotte dimensione, così da poter facilmente adattato alle varie realtà personali.
Si tratta di un’unità dalle dimensioni ridotte (circa 16 x 10 cm.) contenente un pacco batterie da 8800 mA/h e un’elettronica di controllo in grado erogare diverse tensioni su diversi connettori di uscita.
Ovviamente la capacità di 8800 mA/h non garantisce di certo (specialmente più unità da alimentare ad esso connesse) un’autonomia di giorni, ma di ore: quanto basta, comunque, per garantire un ripristino di corrente o quantomeno di avvisare l’utente della caduta della tensione tramite le automazioni fornite dall’HUB. Se la continuità dev’essere garantita per lassi di tempo maggiori, è dunque necessario implementare veri e propri UPS.
Il mini-gruppo è dotato di indicatore di stato di carica, connessione USB d’uscita (9), un selettore di tensione di uscita del PoE (16), due connettori ethernet d’uscita PoE (14 e 15), un connettore per barilotto (12) e relativo selettore di tensione d’uscita (11).
Ovviamente i cavi forniti prevedono anche una serie di adattatori a barilotto per garantire il montaggio su diverse unità.
L’assegnazione prevede: l’uscita USB, per l’HUB, la barilotto, per il modem/router, la PoE per la IP Cam.
Infine, il tema della corrente massima erogabile per ogni uscita, in Ampere:
Lo schema riporta una corrente massima di 2 Ampere per l’interfaccia USB, 2 Ampere per l’uscita a barilotto e 0,6-0,5 Ampere (in base alla tensione scelta) sulla PoE.
N.b. Suggeriamo anche di prendere in visione questo modello, più elementare ma molto più economico (ma dalla durata di scarica chiaramente inferiore). |
Montaggio e funzionamento
Il montaggio è semplice: è infatti sufficiente alimentare l’unità tramite il proprio alimentatore a rete: immediatamente l’unità andrà in carica e comincerà ad erogare, sui connettori d’uscita, le tensioni scelte (in base alla posizione dei cursori 11 e 16) e la corrente prevista dall’uscita.
A questo punto sarà sufficiente collegare – con i cavi inclusi – le uscite agli ingressi di alimentazione delle varie unità e gioco sarà fatto: anche scollegando l’alimentatore del mini-gruppo UPS, l’erogazione continuerà grazie alla presenza della batteria, almeno finché ci sarà carica residua.
ATTENZIONE: È necessario prestare particolare attenzione e cautela nella scelta delle tensioni, della polarità e delle connessioni: eventuali configurazioni errate potrebbero causare il danneggiamento sia del mini-UPS sia delle varie unità da alimentare, danneggiamento del quale l’utente risponderà in prima persona. Cautela, sempre! |
Conclusioni
Questo progetto più che risolvere un problema dovrebbe aiutare a porsi la questione: quanto è necessario che la mia domotica e la connessione rimangano vive in caso di black-out? Ovviamente la risposta è sempre personale; noi abbiamo optato per l’utilizzo di questo mini-gruppo UPS – il quale garantisce una continuità limitata – ma ovviamente la scelta rispetto a cosa, eventualmente, implementare, è assolutamente personale, da assolutamente niente a UPS professionali con giorni e giorni di autonomia.
Questa pagina è redatta, manutenuta e aggiornata dallo staff di inDomus, un gruppo di persone molto diverse tra loro che trovi, per domande e supporto, sul forum e sulla chat del sito. Alcuni link sono taggati in qualità di affiliati Amazon e riceviamo un compenso dagli acquisti idonei, utile al sostenimento del sito, ma le nostre recensioni sono tutte indipendenti e non sponsorizzate. Se ti sei perso, a tua disposizione c'è la mappa. |